
Vedute della mostra
Opere in mostra







Quando ho utilizzato il fuoco è stato per lavorare una materia diversa; la cenere e il fumo. In queste opere è il fumo che scolpisce e che delle cose restituisce
non l’impronta, ma una dimensione ulteriore, quasi una quarta dimensione.
Il fumo, come sangue della fiamma.
Claudio Parmiggiani, Una fede in niente ma totale, Le Lettere, Firenze 2019, pp. 83-84
Scegliendo di occupare nel 1970 nella Galleria di Modena uno spazio che serviva da riserva, Claudio Parmiggiani scopre sui muri la traccia della polvere accumulata al termine degli anni. L’artista decide di fare un fuoco con dei pneumatici e delle coperte. Un fumo chiaro e grigio si deposita sugli oggetti che poi ritira. L’ombra diventa allora una forma plastica, un modello di polvere che fissa dal suo interno l’oscillazione del tempo.
La rappresentazione si avvicina anche al metodo fotografico che prende l’immagine, la inverte, crea un negativo prima di svilupparlo. Le sue Delocazioni – è il nome dato a queste sue opere – sono uno spazio vuoto di percezioni fisiche, dove però lo spettatore ha la sensazione di penetrare in un luogo abitato. L’assenza di oggetti esposti in precedenza rende i muri ancora più chiari; non c’è più che la loro traccia fuligginosa da vedere. Parmiggiani creerà un’installazione in situ per quest’esposizione.

Nato a Luzzara nel 1943, Claudio Parmiggiani si forma all’Istituto di Belle Arti di Modena. Giovanissimo, frequenta Giorgio Morandi, il cui influsso è più etico che stilistico, e comincia a utilizzare per le sue opere calchi in gesso dipinti, che l’artista definisce “pitture scolpite”. La sua prima vera mostra si tiene nel 1965 alla libreria Feltrinelli di Bologna: è il tempo del Gruppo 63 e dei poeti riuniti attorno al “il verri” di Luciano Anceschi, ai quali Parmiggiani sarà molto vicino. Pubblica, negli anni, numerosi libri-opera.
Molte sono le intuizioni che fin dalla metà degli anni sessanta hanno connotato in modo del tutto originale e pionieristico la sua ricerca. Uno spirito radicalmente iconoclasta sottende tutto il suo lavoro. Del 1970 sono le prime Delocazioni, opere di ombre e impronte realizzate con fuoco, polvere e fumo, rappresentanti una radicale riflessione sul tema dell’assenza e della traccia, sviluppato ancora successivamente fino a divenire linea portante di tutto il suo lavoro. Queste opere assumeranno un carattere di forte impatto visivo ed emozionale, ricordiamo le teatrali realizzazioni per il Musée d’Art Moderne et Contemporain di Ginevra (1995), il Centre Pompidou di Parigi (1997), la Promotrice delle Belle Arti di Torino (1988), il Tel Aviv Museum of Art (2003), e il Collège des Bernardins di Parigi (2008).
Sin dall’inizio degli anni ottanta realizza una serie di importanti progetti museali, tra cui Terra (1988), una sfera con impresse le impronte delle mani dell’artista sepolta nel chiostro del Musée des Beaux-Arts di Lione, luogo di dialogo con l’assenza dell’opera ed espressione della sua natura spirituale, anche quando essa è invisibile, e le mostre all’Institut Mathildenhöhe di Darmstadt (1992); alla Galerie hlavního města di Praga(1993). Negli anni 2000 sono importanti le sue esposizioni a Cuba (2006), a Mosca (2017) e a Nashville (2019).
Ha presentato le sue opere presso numerose altre prestigiose istituzioni internazionali, pubbliche e private. Tra i suoi interventi permanenti, Il faro d’Islanda (2000), Ex-voto al Museo del Louvre (2007), Porta Speciosa per il Sacro Eremo di Camaldoli (2013) e l’opera presso la Camera degli Amori di Villa Medici a Roma (2015).