In occasione del primo appuntamento di Italics a Procida, Tornabuoni Arte presenta un’opera del celeberrimo ciclo Fine di Dio di Lucio Fontana.
Prodotte fra il 1963 e il 1964, questa serie di opere è considerata la più iconica ed enigmatica nella produzione dell’artista; un manifesto dal contenuto filosofico fondamentale, rappresentativo del ruolo d’avanguardia dell’arte italiana nella scena culturale internazionale del secondo dopoguerra. Per questo le opere di tale ciclo sono conservate e esposte in tutti i più importanti musei del mondo (Metropolitan Museum, Centre Pompidou, Moma, Reina Sofia, Stedelijk, Tate Modern…).
Costituito da 38 tele, tale ciclo rappresenta l’apice delle ricerche plastiche di Fontana in senso “spaziale”. Mostrate al pubblico già nel 1963 a Zurigo e a Milano, le tele monocromatiche ovali presentano dimensioni identiche e imponenti che parlano di gestualità, spazio e spiritualità.
Il titolo “Fine di Dio” è stato scelto da Lucio Fontana in anticipo rispetto alla realizzazione della prima tela nel gennaio 1963, anche se usato pubblicamente solo dopo il 1964. Il termine “fine” e l’antitetica forma di uovo del telaio, simbolo di nascita e vita, hanno indotto molti a considerare questo ciclo di opere come il manifesto della fine dell’arte figurativa (e del senso puramente narrativo prevalente nelle avanguardie del ‘900) e l’inizio del senso esclusivamente concettuale dell’arte contemporanea nel secondo dopoguerra.
Ogni “Fine di Dio” è perforata, squarciata dall’artista in svariati modi tipici del processo creativo di Fontana. Gli squarci, le incisioni e le fessure nelle tele costituiscono una costellazione di segni che si stende lungo la superficie secondo linee pure ed eleganti il cui significato iconografico si riallaccia alla fertilità e alla genesi della creazione.
Fra le 38 tele del ciclo, l’opera presentata da Tornabuoni Arte a Procida è un monocromo verde mela e si caratterizza per una serie di squarci di varie dimensioni che risalgono l’ovale disegnando una linea sinuosa. Gli squarci sono circoscritti da incisioni che tracciano il contorno della tela, rimarcando la forma ovoidale e creando una forza centripeta.
Nel contesto di Italics, la presentazione delle “Fine Di Dio” ha luogo nella suggestiva Cappella Santa Maria Regina della Purità nel complesso dell’ex Conservatorio delle Orfane a Terra Murata.
È la prima volta che un’opera di questo ciclo viene presentata nel contesto di un’architettura a vocazione sacra. In questo ambiente, la “Fine di Dio” si arricchisce di nuovi significati, portando per la prima volta alla luce una lettura dell’opera legata al suo valore semantico: il significato filosofico del titolo dell’opera infatti è stato evidenziato dalla critica che talvolta ha privilegiato nella lettura il senso di negazione della trascendenza e talvolta la riscoperta di spiritualità. Nella Cappella di Santa Maria Regina della Purità, la “Fine di Dio” incarna la definizione che ne da Fontana: “infinito, insondabile, la fine della figurazione, il principio del vuoto”.
Con la partecipazione a Italics e nel contesto evocativo dell’isola di Procida, Tornabuoni Arte ha l’opportunità di rappresentare, attraverso la “Fine di Dio”, un capitolo dell’eccellenza artistica italiana. Il punto massimo della visione creativa di Lucio Fontana si aggiunge alle altre quarantacinque opere che sotto la curatela di Vincenzo de Bellis andranno a popolare l’isola di Procida nominata Capitale Italiana della Cultura 2022.
Infine le Fine Di Dio sono le opere d’arte italiana degli ultimi 100 anni più costose e più ricercate sul mercato: superata solo da un’opera di Modigliani del 1916 aggiudicata per 150 milioni di dollari, una “Fine Di Dio” è stata recentemente venduta in asta a 29 milioni di dollari.