biografia
Wendorf, 1930
Günther Uecker è un artista tedesco.
Uecker iniziò la sua educazione artistica nel 1949, quando iniziò gli studi a Wismar. Successivamente frequentò la scuola d’arte di Berlino-Weißensee e nel 1955 a Düsseldorf, dove studiò con Otto Pankok alla Kunstakademie di Düsseldorf.
Nel 1960, Uecker partecipò al gruppo ZERO con Heinz Mack e Otto Piene per un nuovo inizio dell’arte in opposizione all’Informel tedesco. I tre artisti condivisero uno studio insieme allo Stedelijk Museum di Amsterdam, e lavorarono insieme all’installazione “Salon de Lumière” per il Palais des Beaux-Arts di Parigi.
Durante questi anni, Uecker si è concentrato sull’elemento della luce, concentrando la sua ricerca sui fenomeni ottici e producendo una serie di lavori che includono lo spettatore mediante interferenze cinetiche o manuali.
Dal 1966, dopo che il gruppo ZERO si sciolse, Uecker utilizzò maggiormente i chiodi come mezzo di espressione artistica, applicandoli a mobili, strumenti musicali e oggetti domestici. Successivamente combinò i chiodi al tema della luce creando le sue famose opere con l’illusione del movimento.
La luce e l’elettricità hanno continuato a essere uno dei soggetti principali e materiali naturali come sabbia e acqua sono stati inclusi nelle sue installazioni, risultando in un’interazione dei diversi elementi per creare una sensazione di luce, spazio, movimento e tempo.
Dal 1974 Uecker ha insegnato alla Kunstakademie di Düsseldorf.
Con Otto Piene, Heinz Mack e Mattijs Visser ha fondato nel 2008 la fondazione internazionale ZERO. La fondazione conserva gli archivi ZERO dei tre artisti nonché documenti e foto di altri artisti collegati.
Il lavoro di Uecker si trova nelle collezioni delle principali istituzioni di tutto il mondo, tra cui: la fondazione ZERO e il Museo Kunst Palast di Düsseldorf; Courtauld Institute of Art, (Londra); Museo Stedelijk, Amsterdam; Museum of Modern Art, New York; Art Institute of Chicago, Chicago; Museum of Contemporary Art, Los Angeles; Centre Pompidou, Parigi; Collezione Peggy Guggenheim.
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