Ritmo e ripetizione. Un’estetica contemporanea
Nell’autunno del 2023, Tornabuoni Art organizza per la prima volta una mostra dedicata alle sculture di Pablo Atchugarry negli spazi all’aperto del Village Royal, nel cuore dell’8° arrondissement di Parigi. Lumière de Paris è il primo omaggio all’artista uruguaiano che ha dedicato la sua vita alla lavorazione del marmo di Carrara e sarà accompagnata dalla mostra collettiva Ritmo e ripetizione. Un’estetica contemporanea, in un secondo spazio adiacente al 26 di rue Boissy d’Anglas.
Mentre la galleria è nota per le sue mostre in collaborazione con le istituzioni, come la recente mostra On Fire alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia, questa è la prima volta che Tornabuoni Art organizza il suo programma culturale in una galleria temporanea. Luogo di passaggio, di eleganza e di lusso, il Village Royal è uno degli indirizzi che conferiscono a Parigi il suo fascino, e attraverso l’installazione di opere di Pablo Atchugarry nel suo cortile e di Ritmo et ripetizione. Un’estetica contemporanea trasformata in un luogo di scoperta artistica. Il progetto presenterà sculture di Pablo Atchugarry (1954) accanto ai grandi maestri italiani del dopoguerra, le cui opere possono essere lette anche attraverso il prisma della variazione e della ripetizione, Tra questi Lucio Fontana (1899 – 1968), Turi Simeti (1929 – 2021), Enrico Castellani (1930 – 2017), Dadamaino (1930 – 2004), Alberto Biasi (1937), Alighiero Boetti (1940 – 1994) e Paolo Scheggi (1940 – 1971).
Tornabuoni Art ribadisce il suo impegno nella promozione degli artisti italiani del dopoguerra con questa nuova mostra, che esplora il periodo artistico del dopoguerra da una nuova angolazione, offrendo nuove chiavi di lettura dell’arte occidentale postmoderna e contemporanea. L’importanza del monocromo, il minimalismo e lo sviluppo di un’estetica legata a una personale esplorazione tecnica che differenzia l’artista dal gruppo in cui può evolversi, sono elementi ricorrenti nelle opere dei maestri italiani.
La serialità della loro produzione, questa costante reiterazione della stessa «estetica monocromatica» o «mono-tono», può essere vista come una parte essenziale della produzione artistica esaminata. In effetti, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, in Europa si è registrata una tendenza più ampia alla serializzazione nelle arti visive, segnata dai primi Tagli di Lucio Fontana e dai monocromi blu di Yves Klein. Sebbene siano stati coinvolti diversi attori della scena artistica internazionale e italiana, i discepoli milanesi di Fontana e i rappresentanti del movimento dell’arte concettuale sono stati particolarmente attivi in questa ricerca.
Il serialismo nell’Europa del dopoguerra si distingue qui per l’assenza di figurazione, pur senza ricorrere alla riproduzione precisa e industriale caratteristica della produzione del minimalismo americano. Nella ripetizione quasi identica di un modello, l’artista crea una catena concettuale in cui ogni opera risponde a un’altra, riecheggiando lo stesso respiro artistico e portando con sé la propria identità.
La serialità, caratterizzata dalla ripetizione di un’estetica con lievi variazioni, è una componente fondamentale della ricerca concettuale che si arricchisce del contesto storico-filosofico del postmoderno, caratterizzato dalla filosofia di Derrida e Deleuze, dove tutti gli stili coesistono e non esiste più alcuna progressione storica. Dalla crisi della pittura canonica emerge un nuovo concetto di arte e di opera d’arte, svuotata di ogni contenuto psicologico, aperta e quindi potenzialmente patrimonio collettivo. Opere d’arte strutturalmente, formalmente e materialmente analoghe, risultanti dall’astrazione degli elementi dell’opera d’arte classica e caratterizzate dalla loro successiva collocazione in un sistema di relazioni temporali, logiche e spaziali. Il lavoro della scuola milanese degli anni Sessanta è particolarmente rappresentativo di queste caratteristiche.
Lucio Fontana, teorico dello Spazialismo, ha creato nel corso della sua carriera diverse serie di opere, ognuna delle quali si distingue per i gesti che le hanno generate. Ritmo e ripetizione. Un’estetica contemporanea proporrà due esempi importanti della serie dei Tagli che l’artista iniziò a produrre nel 1958 e che accompagnerà la sua opera fino alla morte nel 1968, come Concetto spaziale. Attese, 1961. Tutte le opere di questa serie sono accomunate dal nome Concetto spaziale. Attesa.e e sono tele monocrome divise dall’artista, che gli permettono di riflettere sul rapporto tra lavoro, spazio e vuoto. Queste idee sono perpetuate da artisti attivi a Milano in quegli anni, come Paolo Scheggi, Enrico Castellani e Dadamaino, che in modi diversi mettono in discussione il volume e la superficie di un’opera, evidenziando continuamente nelle loro serie le nozioni paradossalmente antinomiche di ripetizione e variazione. Il Volume 1959 e il Volume 1960 di Dadamaino utilizzano tele rigorosamente bianche o nere per sviluppare la ricerca di Fontana di andare oltre lo spazio bidimensionale della rappresentazione, verso il vuoto.
Queste opere vengono lette dall’esterno, dal loro processo di ricezione e dal significato che viene loro attribuito; diventa una questione di proiezione dell’osservatore, di investimento estetico e ideologico. La differenza tra opere della stessa serie finisce inoltre per risiedere proprio nell’esperienza dell’individuo a contatto con l’opera, un’esperienza percettiva che viene amplificata dall’incontro ripetuto e che rende l’opera sempre presente, e quindi senza tempo.
Alighiero Boetti, considerato uno dei padri dell’Arte Povera, invita lo spettatore a partecipare ulteriormente all’attivazione delle sue opere. Fin dall’inizio del suo lavoro, invita lo spettatore a vagare fisicamente attraverso un’installazione artistica, fino a creare giochi intellettuali da esplorare mentalmente. Il lavoro dell’artista si presta particolarmente bene al tema della mostra, essendo costituito da serie in cui la ripetizione e la variazione sono centrali, attraverso i gesti utilizzati, i formati scelti e i soggetti rappresentati. La mostra presenta i suoi famosi ricami, ideati da Boetti e realizzati da ricamatrici afghane. Parole e frasi sono articolate, leggibili secondo regole stabilite dall’artista. La lettura è volutamente controintuitiva e lo spettatore si trova di fronte a un puzzle artistico che lo avvicina all’artista. Il tempo trascorso a decifrare l’enigma imprime la frase, la poesia o l’espressione popolare in modo più duraturo nella mente dello spettatore.